Il certificato di agibilità di un immobile viene disciplinato giuridicamente dal Testo Unico dell'Edilizia (DPR 380/01) agli articoli 24, 25 e 26 che ne danno non solo definizione, ma ne determinano anche i tempi e requisiti per la richiesta.
Tali norme, di fatto, vanno a sciogliere qualche dubbio che si è creato nel tempo circa le definizioni di certificato di agibilità e di abitabilità.
Il certificato secondo il Testo Unico dell'Edilizia
Si tratta di un documento rilasciato dall'ufficio comunale competente per materia che certifica, in relazione ad un determinato immobile, l'esistenza e il rispetto normativo delle condizioni di igiene, salubrità, sicurezza e risparmio energetico dell'edificio stesso e degli impianti in esso contenuti.
Prima dell'emanazione del Testo Unico dell'Edilizia, in effetti, nella pratica e nella giurisprudenza, era consueto trovare indistintamente il ricorso alle differenti denominazioni di certificato di agibilità e di abitabilità senza troppa chiarezza nelle casistiche di utilizzo.
Volendo semplificare, il certificato di abitabilità si riferiva ad immobili con destinazione d'uso abitativo mentre quello di agibilità si riferiva a beni con destinazione d'uso differente da quella residenziale e ne certificava i necessari requisiti in ambito igienico sanitario e di sicurezza.
La confusione dei termini utilizzati veniva inoltre alimentata dal fatto che, nella pratica, entrambi i certificati subivano lo stesso iter burocratico per il rilascio da parte degli uffici comunali che, a corredo della pratica, richiedevano inoltre la stessa documentazione.
La situazione di incertezza è perdurata nel tempo anche in relazione ad una presunta distinzione di competenze tra i due documenti; secondo una successiva classificazione, il certificato di agibilità riguardava la corrispondenza giuridico normativa dei locali in relazione alla loro stabilità e sicurezza, mentre l'abitabilità era concernente la disciplina specifica dei requisiti che l'immobile deve avere in relazione alla propria destinazione d'uso.
Gli stessi professionisti del settore, nel tempo, hanno usato in maniera pressoché coincidente e indifferente le due diverse terminologie alimentando di fatto la confusione fra gli utenti.
Nonostante il Testo Unico dell'Edilizia la confusione normativa è proseguita fino ad un pronunciamento in materia del Tar del Lazio.
La sentenza 181 della seconda sezione del Tar del Lazio
Nell'ambito di un contenzioso giudiziario, il legislatore ha, di fatto, riconosciuto l'omogeneità dei due documenti nonostante l'uso improprio delle due differenti terminologie.
Nello specifico, la sentenza riconosce che entrambe le certificazioni sono sovrapponibili per uso, che seguono le medesime modalità di richiesta e che necessitano di uguale documentazione a corredo della pratica fatto salvo tutti gli eventuali documenti aggiuntivi necessari in relazione alla destinazione d'uso dell'immobile a cui si riferisce.
Oggi, di fatto, si tende ad omologare i due documenti stante le medesime condizioni di utilizzo e le casistiche è obbligatoria la loro redazione e produzione.